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Piante officinali
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Robinia pseudoacacia L.

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Robinia pseudoacacia L.

Famiglia: Leguminosae
Nomi volgari: robinia, gaggia, acacia.
Etimologia: pianta dedicata a J. Robin, curatore dell’orto botanico del Re di Francia.

Morfologia:
pianta arbustiva ed arborea di media altezza sino a 25-30 metri, spinescente, con vasto apparato radicale strisciante, fusto eretto, spesso biforcato, rami lisci, chioma ramificata corteccia rugosa grigio-bruna, fessurata in età.
Le foglie sono addensate, alterne, imparipennate composte (ogni foglia è formata da più foglioline che terminano con una fogliolina apicale disposta sulla nervatura centrale), di colore verde pallido, glabre, spesso sono dotate di stipole trasformate in spine.
I fiori dal profumo intenso, sono riuniti in racemi penduli, fogliosi alla base hanno calice vellutato, largamente campanulato, verde-chiaro e pubescente; corolla papilionacea, bianca più raramente rosa.
I frutti sono legumi coriacei (5-10 cm), compressi, deiscenti,di colore rosso-bruno a maturità, rimangono sulla pianta sino all’inverno; contengono da 3 a 10 semi reniformi , molto duri di colore bruno.

Distribuzione – habitat – fioritura:
originaria dell’America nord orientale, importata in Europa nel 1601, si è largamente diffusa, tutta l'area sub-mediterranea, divenendo ben presto infestante. In Italia fu introdotta intorno al XVIII secolo, la si trova perlopiù in boschi cedui puri, lungo scarpate, luoghi incolti, siepi, margine dei boschi generalmente sino a 1.300 m, oltre 1.500 in certe zone del sud.
Fiorisce da maggio a luglio.

Proprietà ed usi:
specie molto frugale, ornamentale adatta per ambienti urbani difficili, indifferente al substrato, ha trovato largo impiego per alberature stradali.
Va segnalata l’opera di miglioramento che questa specie svolge, invadendo ed affermandosi nei terreni poveri e degradati, migliorando il suolo, in quanto ha la capacità di fissare l'azoto atmosferico grazie alla simbiosi radicale con un batterio del genere Rhizobium, consolidando, con il solido apparato radicale, i terreni franosi.
Il legno bruno, duro e ricco di tannini, è resistente all’umidità, brucia bene anche quando è verde ed è ben lavorabile, molto usato per farne pali per la vite, puntoni da miniera, doghe per botti e listoni per pavimento.
I semi contenuti nei baccelli, in periodi difficili, sono stati usati per “allungare” la farina, tostati invece venivano impiegati come surrogato del caffè.
La rapida diffusione di questa pianta pioniera è dovuta oltre che alla versatilità degli impieghi del legno, anche al fatto che essa è di notevole importanza per l'apicoltura; inoltre è colpita da un ridotto numero di avversità biotiche e abiotiche.
Essendo la produzione di nettare molto abbondante e facilmente raggiungibile dalle api, la robinia consente una eccellente produzione a livello quantitativo e qualitativo di miele: chiaro, fluido (cristallizza molto lentamente, la sua fluidità è dovuta all’alta concentrazione di fruttosio circa 60%), delicato, dal gusto vanigliato, dall’odore fruttato, ricorda vagamente quello dei suoi fiori.
É un miele che può avere un leggero effetto lassativo.
Nelle campagne, ancora oggi, i fiori di questa pianta, si usano per preparare, quando non sono ancora completamente sbocciati, ottime frittate o frittelle dolci in pastella, aggiunti all’insalata le conferiranno un gusto piacevolissimo.
I fiori secchi, si possono usare per preparare un tè carminativo e stomachico, in alcune regioni il loro infuso è utilizzato per tingere di nero i capelli